Sándor Márai e il naso di Cleopatra

«Se Cleopatra avesse avuto un naso grosso e brutto, né Cesare né Marcantonio si sarebbero innamorati di lei e la storia dell’impero romano sarebbe stata completamente diversa». La teoria del naso di Cleopatra, anche se storicamente irrilevante, è comunque tra le più famose per spiegare quanto possa essere semplice il mutare degli eventi, legato com’è a meri dettagli ed è anche funzionale perché rende gli avvenimenti comprensibili e soprattutto potenzialmente manovrabili.
«Il battito delle ali di una farfalla in Brasile, può provocare una tromba d’aria nel Texas». Un’altra frase che ormai fa parte del repertorio comune e che suggerisce come un minimo cambiamento, apparentemente insignificante come il battito d’ali di una farfalla, possa invece trasformare radicalmente il futuro.
Quanto influisce il caso nella Storia dell’umanità? Le teorie si sprecano, parole su parole sono state dette e scritte da sempre, ma senza approdare mai a nessuna certezza, se non il solito senso di impotenza di fronte all’imperscrutabile. Proprio la verità che più di qualunque altra vorremmo conoscere, ci è preclusa. E, forse, è meglio così.

E all’improvviso si sente come chi viene bruscamente destato da un sonno profondo e torbido a causa di un qualche rumore o evento inatteso. È la fredda e terribile sensazione di lucidità che si prova quando una voce o un’esplosione, lo scherzo perfido o la crudele volontà di una persona ci costringe a riemergere dalle acque profonde del sonno verso la superficie, in mezzo ai gelidi fatti.
(Sándor Márai, Il gabbiano)

Inevitabile, nei libri di Márai, è l’appuntamento con il destino, una resa dei conti con se stessi, chiarita dal dialogo tra due personaggi, sotto l’influsso di un terzo (però assente), che in realtà è sempre un monologo camuffato. E in quei momenti il tempo si incunea in una sorta di atemporalità che mantiene sospesi, tra passato presente e futuro, senza che si possa vedere una soglia da varcare o prima della quale fermarsi.

Il protagonista del libro Il gabbiano è un consigliere di stato che ha appena firmato il documento che condurrà il paese alla guerra, egli si trova dunque nella posizione di chi tiene in mano le redini del futuro di una fetta di umanità ed anche il peso della responsabilità di ciò che ha contribuito a fare accadere. Per il momento però solo lui e pochi altri sanno cosa avverrà nel giro di qualche ora, ma finché non ci sarà la dichiarazione ufficiale il tempo si può fermare e, volendo, il destino può ancora essere cambiato.
L’incontro con il Fato si presenta sotto forma di una bellissima donna che bussa alla porta del funzionario. La donna sostiene di essere una finlandese costretta a fuggire dal proprio paese, dopo che i bombardamenti avevano distrutto la casa in cui abitava con la famiglia ed è lì per chiedere un permesso di soggiorno e un posto da insegnante. L’uomo rimane folgorato dalla scena che gli si presenta davanti agli occhi e capisce che quello è un convegno fatale e carico di significati, poiché la ragazza somiglia in modo impressionante alla donna che aveva tanto amato e che si era uccisa per amore di un altro. Inizia così una giornata memorabile in cui le osservazioni e gli interrogativi dei protagonisti toccano temi cari a Márai ed ai suoi lettori, abituati a compiere riflessioni profonde e sempre attuali che trasformano i libri in piccoli manuali di filosofia essenziale.

Come manichini nei depositi delle sartorie, da qualche parte giacciono volti e corpi identici… non è oltraggioso?… si crede di avere amato qualcuno di unico, nella sua fatale e magnifica individualità. E forse anch’io vago per il mondo in diversi esemplari, attraverso le epoche e i paesi. Sì, mi è già capitato di incontrare me stesso: a Parigi, su un autobus, sei anni fa. […] Uno immagina di essere stato creato in un unico esemplare e un giorno è costretto a rendersi conto di essere una volgare copia: un tempo, da qualche parte, c’è stato un modello che la natura ha imitato con indifferenza e perizia, ripetendolo in una sorta di automatismo attraverso i tempi.

La tendenza dell’uomo occidentale a ritenersi al centro dell’universo ha provocato immani catastrofi non solo nella storia in generale, ma anche nelle storie individuali. La pretesa unicità, l’idea di essere inimitabili e irripetibili e superiori a chiunque altro, ha generato i mostri che la storia può tristemente esibire. Márai usa lo stratagemma del “doppio” per ricordare ai suoi lettori quanto invece sia preferibile il mutamento continuo rispetto alla fissità e il fatto che ci siano dei nostri sosia in giro per il mondo può spingere più facilmente a riflettere sul concetto di identità.
C’è anche una sorta di beffa dietro a ogni presa di coscienza, sembra che forze superiori ed invisibili si prendano gioco della nostra vanità. Forse per questo la prima tentazione del funzionario nel vedere Aino Laine, copia perfetta della sua Ilona, è quella di scoppiare in una fragorosa risata.

Ormai lo so. Nelle ultime ore ho capito che gli uomini temono un unico momento: quello in cui la vita toglie loro la maschera, e sono costretti ad ammettere che quanto custodivano così spasmodicamente e gelosamente sotto la maschera, l’«io», non è così assolutamente individuale come essi, nella loro supponenza, avevano creduto. L’«io» è qualcosa che si ripete, si duplica, si mescola e si rinnova in eterno, e non è assolutamente personale. Poco fa ti ho baciata. Bene, sappi che non ho baciato soltanto te, una donna che è tornata a me attraverso le intricate vie del mondo, ma anche un’altra donna di cui tu sei stata parte, e che, pur morta e sepolta, è solo un frammento del fenomeno che tu chiami «io».

Aino Laine è e non è Ilona. Non lo è come individualità separata, ma lo è come parte di un tutto, come universalità dell’essere umano che non può essere soltanto «io» e che porta in sé oltre a se stesso anche frammenti di altri, ciò che crea la differenza tra gli uomini sono soltanto le sfumature, esse ne dettano le peculiarità che li contraddistinguono. Un conto però è parcellizzare l’io in tutti i fenomeni che interessano l’appartenere ad una totalità, altro discorso riguarda invece la critica alla massificazione della società che spegne l’individualità, ma in senso negativo.

Queste persone sono sempre massa, anche quando sono da sole. La loro anima è semplicemente un atomo dell’anima della massa: una brulicante impersonalità, che ha un'”opinione” su ogni cosa, e non ha una reale conoscenza pressoché di niente, ma spaurita, piroettando, scintillando, disorientata e senza uno scopo cerca una direzione in cui sciamare… Perché ti stupisci? Questa massa è il cascame di una civiltà; queste donne dal volto imbellettato come mummie egizie, questi uomini dallo sguardo fisso e crudele, che indossano i loro abiti borghesi alla moda dal taglio impeccabile neanche fossero la divisa di una società segreta. Ovunque gelida complicità.

Anche la guerra è un’arma potente che massifica, rende strumenti involontari dell’annientamento, blocco inerme che si cancella con un colpo di spugna.
Da un interrogativo all’altro, un posto fondamentale è occupato dall’altra guerra che ha sempre coinvolto l’umanità, ovvero l’amore e le paure che gli fanno da corollario, compresa la terribile sensazione di solitudine quando lo si vive e l’inevitabile dolore quando lo si perde.

E’ questa l’altra guerra che si cela dietro quella visibile: la guerra delle coppie. Ma nessuno storiografo ne ha mai scritto. Peccato… Però si tratta di una guerra, Aino Laine, e miete non poche vittime. E chi ne è consapevole, a una certa età e dopo aver accumulato una certa esperienza, soppesa l’eventualità della vita e della morte quando si china verso il volto di un altro essere umano per baciarlo, un essere umano che è sì una replica, ma – purtroppo, o grazie a Dio – è anche diverso. Ma poi lo bacia ugualmente, vedi… l’esperienza non gli è servita a nulla.

Perciò è imprescindibile che tutto si ripeta, che tutto torni, che tutto sia sempre uguale, eppure diverso. Rendersene conto è doloroso, spinge in una spirale che rende ogni cosa incerta, è come la sensazione che si prova quando si comprende che tutto può accadere proprio a noi e il significato e il potere su se stessi e sugli altri che si credeva di avere ormai acquisito, immessi in quella girandola di imprevisti, perdono i contorni, per lasciare posto al cambiamento di cui invece non si era tenuto conto fino ad un attimo prima, ma che era già lì, tra le tante gradazioni che raramente ci capita di mettere completamente a fuoco.

Chiude la finestra. Rimane in piedi, disorientato, nella stanza buia, non si è mai sentito solo come in quel momento. Ma al tempo stesso sente che una mano, quella che dirige il volo dei gabbiani e i passi degli uomini, gli si è posata sulla spalla. Attraversa la stanza buia come un cieco – eppure gli sembra che qualcuno lo stia guidando.

Ma l’essenza del libro è racchiusa nel nome della donna, Aino Laine, Unica Onda, che incarna la possibilità, il battito d’ali della farfalla casuale o volontario, la consapevolezza, così come il continuo andare e venire dell’onda rappresenta metaforicamente il senso di ogni esistenza e tutto quello che la vita può portare o togliere, la ricerca che possiamo affrontare o la rinuncia che abbiamo scelto, unici e uguali, soli e tanti allo stesso tempo.

Vedi, il tuo nome non è affatto casuale […] perché racchiude in sé due concetti commoventi e preziosi per noi esseri umani: l’unico, che è pathos e ossessione – ma un grande pathos e un’ossessione decisiva, per gli uomini e le donne, eternamente in cammino gli uni verso le altre alla ricerca dell’unico vero amore! E l’onda, un concetto antichissimo, più antico della terra e dell’uomo – l’onda che offre e toglie eternamente i suoi doni, fa incontrare il caso e la possibilità. Crea un legame fra ciò che è unico e ciò che è casuale. Hai un nome bellissimo, Aino Laine. Non a caso è il tuo nome.

18 commenti

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18 risposte a “Sándor Márai e il naso di Cleopatra

  1. “Perciò è imprescindibile che tutto si ripeta, che tutto torni, che tutto sia sempre uguale, eppure diverso. Rendersene conto è doloroso, spinge in una spirale che rende ogni cosa incerta, è come la sensazione che si prova quando si comprende che tutto può accadere proprio a noi e il significato e il potere su se stessi e sugli altri che si credeva di avere ormai acquisito, immessi in quella girandola di imprevisti, perdono i contorni, per lasciare posto al cambiamento di cui invece non si era tenuto conto fino ad un attimo prima, ma che era già lì, tra le tante gradazioni che raramente ci capita di mettere completamente a fuoco.”

    Mi sarebbe piaciuto scrivere questo brano come commento.
    Tu sai qual è il mio pensiero a proposito del doppio, anzi multiplo esistere. Teorie su piani multidimensionali sono ormai suffragate dai più grandi scienziati.
    È interessante come Màrai descriva con una sorprendente conoscenza, un’apparenza ipotizzabile, e nello stesso tempo la presenti come dato esperito.
    Certo bisogna essere vigili, guardarsi in ogni faccia di un processo caleidoscopico all’infinito.
    Baciare un altro essere umano, dunque, è baciare tutta l’umanità.
    Vederne la luce è esserne parte prismatica. Brancolare nel buio, anche.
    E qui mi sovviene che, forse, la scelta delle tenebre possa essere determinata dall’incapacità di affrontare le innumerevoli immagini sé-manifestanti nell’illuminato visibile.
    Il Noi del Tao, l’Uno e i tanti, ogni esperienza umana ci appartiene e ci dà modo di superarne gli aspetti a noi non più confacenti. Che altro sarebbe l’evoluzione di un ente se non il continuo lasciare il già vissuto per avventurarsi in altro?…

    Come sempre i tuoi post hanno l’ampiezza che offre all’intelletto il più esteso spazio.
    Ciao
    Complimenti e un abbraccio
    cri

    • Cara Cri, grazie per questo bel commento.
      Non credo che Marai fosse vicino alle filosofie orientali eppure anche lui, come tutti i grandi pensatori e osservatori dell’animo umano è arrivato ugualmente a certe conclusioni, che in fondo non hanno bisogno di un supporto esterno, perché sono parte di ognuno di noi… basta solo sviluppare di più l’attenzione per accorgersene…
      un abbraccio

  2. Cara, ho sempre pensato che la guerra interna alle coppie sia paragonabile a quella che sconvolge crudelmente le nazioni. Se poi vogliamo guardare la vita intorno a noi, ci accorgiamo che i giochi dei gattini nati da poco sono lotte di predominanza, chi vince può alzare la coda. Per non parlare dei lupi, fra i quali si unisce e procrea soltanto la coppia alfa, gli altri guardano e sbavano. Osserva fra gli amici, i fratelli, sul posto di lavoro: la persona gentile e disponibile viene messa sotto.
    Le tue presentazioni hanno molti pregi: sono esaurienti e riescono a toccare i punti nevralgici, ma soprattutto non sono noiose né saccenti, si sente che escono da una pienezza e, se tu volessi, potresti scrivere molte altre cose, ma ti limiti all’essenziale perché altrimenti chi legge perde il filo,
    non gliela fa più. È così. Noi donne abbiamo ancora tutta la casa e la famiglia sulle spalle, a meno che non siamo nubili, allora sì, possiamo svolazzare di blog in blog e scrivere e dipingere “quasi” quanto ci pare, come faccio io.
    In quanto al naso di Cleopatra, cosa ce ne importa? La seduzione sorpassa nasi grossi, ciccia ballonzolante e dentoni. Parte dal di dentro. La bellezza fisica non sostenuta dall’intelligenza stufa subito. Però è anche vero che basta un nulla a cambiare la storia, come il battito delle ali di una farfalla. Sai? Vorrei che la mia usignola stonata avesse quel potere, per comunicare la gioia che avevo quando l’ho scritta.

    • Cara Mimma, è vero, proprio sintetizzare è la cosa più difficile da fare… cercare di dire moltissime cose in uno spazio minimo, per non annoiare troppo e cercando di non esagerare, per lasciare spazio alle riflessioni altrui…
      il paragone tra guerra di coppia e guerra tra stati in effetti non è così audace, le similitudini sono davvero tante!
      un abbraccio

  3. Un’altra perla: ogni libro di Màrai lo è, perché ogni sua storia porta a entrare nell’intimo del personaggio e porta ad interrogarci sugli accadimenti che spesso ci riguardano. In questo romanzo, “Il Gabbiano”, ciò che evince è la conoscenza di non essere unici, pertanto la supponenza che accompagna tanti esseri umani non ha ragione d’essere, ma anche non ci fosse un replicante di noi stessi non ha ragione d’essere ugualmente. Non siamo unici nell’aspetto, ma siamo solo noi nella nostra interiorità, quell’aspetto assume una luce diversa che proviene dalla sua psiche.
    Credo che Màrai trasferisse i suoi stati d’animo sulla carta e ne fece grandi capolavori.
    Bella e perfetta recensione, una disamina di grande qualità, come è nel tuo stile, cara Maria.
    un forte abbraccio
    annamaria

    • Cara Annamaria, Màrai non sbaglia un colpo, decisamente… ha una lucidità e uno stile che si adattano perfettamente ai miei gusti e in generale tutti coloro che lo leggono ne rimangono affascinati, dunque per me è sempre un grande piacere non solo leggere i suoi libri, ma anche proporli agli altri e so che anche tu sei una sua estimatrice…
      ti ringrazio, un abbraccio

  4. Sandor Mari l’ho conosciuto, come autore, attraverso i gruppi di anobii e mi hanno incuriosito a tal punto che ho in casa due romanzi Le braci e l?eredità di Etzter, che non sono riuscito ancora a leggere. Però leggerti mi hanno stimolato la curiosità.
    Il mondo è pieno di «se» e di «ma», come se la storia si potesse riscrivere e farle cambiare corso. Naturalmente fermare il tempo e riavvolgere il nastro a ritroso non è operazione fattibile. In ugual misura, mi pare di intravvedere tra le righe, anche il questo romanzo di Marai il protagonista vorrebbe compiere l’uguale manovra ma Aino Laine non è Ilona, la donna amata nel passato. In conclusione cullarsi nell’illusione di riesumare il passato per farlo rivivere nel presente è pura illusione.
    Come al solito sei bravissima nel tratteggiare le situazioni estrapolate dai libri che leggi.
    Un grande abbraccio

  5. wolfghost

    Questa è una cosa che ho notato anche io, tente volte, con grande sorpresa: esistono… “doppioni”, forse perfino tanti, e inutile credere, da questo punto di vista, di essere unici. Pero’ cio’ mi ha colpito in maniera… neutra, non negativa come per Marai. Forse anche perché credo che, nonostante le somiglianze, nel complesso qualcosa di unico c’è sempre, dietro le apparenze.
    Comunque il libro si chiude in maniera positiva: c’è una speranza che passa per l’amore, perché l’amore è capace di trascendere il singolo nell’unione nell’altro e, dunque, rendere entrambi davvero unici

    http://www.wolfghost.com.

    • Caro Wolf, Màrai offre sempre interessanti spunti di riflessione e poi ognuno li sviluppa in base alla propria ottica e li propone agli altri, è questa una delle cose più belle della condivisione della lettura…
      un abbraccio

  6. “L’«io» è qualcosa che si ripete, si duplica, si mescola e si rinnova in eterno, e non è assolutamente personale”

    Di questa considerazione, apparentemente annientante, sottolineerei la parola “eterno”. C’è quanto basta perchè il senso di frustrazione e il conseguente desiderio di affermazione personale, ” costi quel che costi ” , trovi requie.
    Post da incorniciare, Maria, cara:)

  7. Confesso di non aver ancora letto nula di Marai.
    Provvederò, anche grazie a questo tuo scritto profondo, lucidissimo, pieno di acute mediatazioni.
    🙂

    • Ioviracconto, ah, che peccato, ma anche che fortuna non averlo ancora letto, così potrai gustarti il piacere immenso di un libro come “Le braci”, che profuma di capolavoro…
      un saluto

  8. I doppi estetici si notano, quelli interiori meno; eppure è naturale che tra le infinite possibilità di combinazione genetica si possano sviluppare esseri apparentemente simili. Certo, quando osserviamo il fenomeno, in aree diverse del tempo e dello spazio, rimaniamo perplessi, ma in fondo si tratta di sviluppi perfettamente naturali.

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