Mortale: Perciò, o Dio, io ti prego, se hai un briciolo di pietà per questa tua creatura sofferente, liberami dal dover avere il libero arbitrio!
Dio: Tu rifiuti il dono più grande che io ti abbia fatto?
Mortale: Come puoi chiamare dono ciò che mi è stato imposto? Io ho il libero arbitrio, ma non per mia scelta. Non ho mai scelto liberamente di avere il libero arbitrio. Devo avere il libero arbitrio, che mi piaccia o no!
Dio: Perché vorresti non averlo?
Mortale: Perché il libero arbitrio significa responsabilità morale e la responsabilità morale è un peso che non posso sopportare!
(Raymond M. Smullyan, Dio è taoista? Da The Tao is silent, 1977)
In questo divertente ed interessante dialogo tra Dio e un Mortale a proposito del libero arbitrio, venuto fuori dalla penna arguta di Raymond M. Smullyan, e inserito nel libro di Hofstadter e Dennett, L’io della mente, vengono posti quesiti molto importanti che ci riguardano e che possono appesantirci enormemente o, al contrario, renderci la vita più leggera. Come sempre questo dipende da noi, anche se siamo così abituati a cercare cause esterne, da dimenticarcene.
Il dialogo inizia con un Mortale decisamente risentito per avere ricevuto in dono il libero arbitrio e con un Dio incuriosito da tale risentimento, che cerca di comprendere cosa ci sia di male nella possibilità di decidere. L’incontro-scontro che viene proposto è quello tra il pensiero occidentale e quello orientale. È il Mortale a radunare in sé tutti i preconcetti, i condizionamenti e le chiusure tipici del mondo occidentale, che trova comodo uniformarsi ad una serie di dogmi e regole che mettano ordine e spieghino anche quel che non ha spiegazione. Dio invece rappresenta l’apertura, l’armonia, l’equilibrio del pensiero orientale, che cerca di sfatare miti, leggende, luoghi comuni che soffocano ogni forma di spiritualità.
Ad un certo punto del dialogo la questione si sposta sul perché Dio abbia dato il libero arbitrio agli uomini. La prima risposta del Mortale ben indottrinato si concentra sulla possibilità di meritare oppure no la salvezza eterna. Ma Dio pare non essere d’accordo.
Dio: […] E così te la sei proprio bevuta l’idea che ti hanno insegnato, che la vostra vita sulla terra è come un periodo di esame e che lo scopo per cui vi è stato dato il libero arbitrio è di mettervi alla prova, per vedere se meritate la beatitudine eterna. Ma una cosa mi lascia perplesso: se tu credi veramente che io sia così buono e benevolo come si va sbandierando, perché dovrei imporre agli uomini di meritarsi cose come la felicità e la vita eterna? Perché non dovrei concedere queste cose a ciascuno, che le meriti o no?
Mortale: Ma mi è stato insegnato che il tuo senso della morale, il tuo senso della giustizia, impone che il bene sia ricompensato con la felicità e il male sia punito con la sofferenza.
Dio: Allora ti hanno insegnato male.
Non siamo un po’ troppo arrendevoli verso tutti i mortali che si fanno portavoce della parola di Dio? Come potrebbe il pensiero limitato contenere quello illimitato?
Continuando a ragionare, Dio cerca di riportare il Mortale, a colpi di logica inconfutabile, lungo una linea di forte razionalità, anche se in contrasto con la letteratura religiosa e i moralisti classici, fonti della sua formazione.
Mortale: Dunque tu dici che il motivo non è quello di mettere alla prova il nostro merito. E hai confutato il motivo che per godere delle cose noi abbiamo bisogno di sentire che dobbiamo meritarle. E sostieni di essere un utilitarista. E la cosa più significativa di tutte è che mi sei sembrato contentissimo quando mi sono reso conto d’un tratto che non è il peccare in sé che è il male, ma solo la sofferenza che esso provoca.
Dio: Ma certo! Che cos’altro ci potrebbe essere di male nel peccare?
Mortale: D’accordo, tu lo sai e adesso lo so anch’io. Ma purtroppo io ho passato tutta la vita sotto l’influenza di quei moralisti che ritengono che il peccare sia male in sé. Comunque sia, mettendo insieme tutti questi pezzi, mi viene da pensare che l’unica ragione per cui ci hai dato il libero arbitrio è perché credi che col libero arbitrio gli uomini probabilmente causeranno meno sofferenza agli altri – e a se stessi – che senza il libero arbitrio.
L’idea di una divinità unicamente buona è in effetti in netto contrasto con la logica e l’evidenza, ma anche con il dualismo che ci caratterizza. Per concepire la perfezione noi abbiamo bisogno di due elementi, pertanto per essere perfettamente buono devi anche essere cattivo. Il male invece viene separato e dato in carico al Diavolo e all’uomo stesso, che proprio con il libero arbitrio sceglie di essere malvagio. Sì ma come la mettiamo con l’onnipotenza?
Il dialogo si estende anche su altri argomenti come: chi parla a chi? E sempre il povero Mortale viene messo con le spalle al muro perché non è abituato a ragionare con la mente aperta. Ancora una volta l’affondo contro una cultura invadente e accecante segna un punto.
Mortale: Se non ti posso vedere come faccio a sapere che esisti?
Dio: Domanda giusta! Come fai appunto a sapere che esisto?
Mortale: Be’, non sto forse parlando con te?
Dio: Come fai a sapere che stai parlando con me? supponi di dire a uno psichiatra: “Ieri ho parlato con Dio”. Che cosa pensi che ti direbbe?
Mortale: Dipende dallo psichiatra. E poiché gli psichiatri sono per lo più atei, probabilmente mi direbbero che ho parlato con me stesso.
Dio: E avrebbero ragione!
Mortale: Come? Vuoi dire che non esisti?
Dio: La tua capacità di trarre conclusioni false è sbalorditiva. Solo perché stai parlando con te stesso ne segue che io non esisto?
Effettivamente la nostra capacità di trarre conclusioni false è piuttosto frequente. Il punto è che partiamo dai presupposti sbagliati e cioè non ci rendiamo conto che il nostro vedere è più o meno frutto di convenzioni e non di realtà oggettiva (ammesso che esista), ma il nostro strumento visivo a senso unico ci provoca molte percezioni illusorie. Noi non siamo in grado di vedere oltre e quindi riteniamo inaccettabile quello che non ci sembra manifesto. Se si conversa con Dio e anche con se stessi, una cosa non esclude necessariamente l’altra perché se ci si sente parte di un tutto, si è anche il tutto.
Mortale: Ma se tu sei davvero un processo, cioè una cosa astratta, non riesco a capire che senso possa avere che io parli con un semplice “processo”.
Dio: Mi piace il modo in cui dici “semplice”. Allo stesso modo potresti dire che vivi in un “semplice universo”. E poi, perché ogni cosa che si fa dovrebbe avere un senso? Ha senso parlare con un albero?
Mortale: No, naturalmente!
Dio: Eppure molti bambini e molti primitivi lo fanno.
Mortale: Ma io non sono né un bambino né un primitivo.
Dio: Eh già, purtroppo.
Mortale: Perché purtroppo?
Dio: Perché molti bambini e molti primitivi hanno un’intuizione primordiale che quelli come te hanno perduto. Francamente penso che ti farebbe un gran bene parlare con un albero ogni tanto, anche più che parlare con me!
La perdita delle intuizioni delle origini, sostituite dalle sovrastrutture culturali non ha fatto altro che allontanarci da quella che è la nostra vera natura, fatta di fusione con tutto ciò che ci circonda. Se ritrovassimo il nostro sguardo primitivo non solo riusciremmo a parlare con gli alberi, ma anche a sentirne le risposte, senza per questo avere bisogno di uno psichiatra.
La conversazione converge poi sullo scontro tra determinismo e libero arbitrio e giunge ad una singolare connotazione del Diavolo con il tempo lunghissimo che occorre agli esseri senzienti per arrivare all’illuminazione.
Alla fine della discussione Dio rivela al Mortale che hanno affrontato tutto il dibattito con una falsità di base, ovvero che il libero arbitrio non può essere un dono a parte, ma è la caratteristica fondamentale di un essere pensante, altrimenti come potrebbe essere tale?
Dio: […] No, il libero arbitrio non è un “extra”: esso è parte integrante dell’essenza stessa della coscienza. Un essere cosciente senza libero arbitrio è semplicemente un assurdo metafisico.
Il Mortale a questo punto si rende conto di avere scambiato un dilemma metafisico per un problema morale. La moralità è spesso un veleno che ottunde la mente e impedisce una visione più chiara, perché scaccia, con lo spauracchio di terribili punizioni, quello che il pensiero logico invece fa affiorare di continuo. Come suggerisce dunque questo saggio Dio taoista, solo avvicinandoci il più possibile alla natura è possibile ritrovare un po’ dell’antica attenzione e allungare il passo verso la luce.
Dio: […] Nulla vale quanto un orientamento naturalistico per dissipare tutti questi morbosi pensieri di “peccato”, di “libero arbitrio” e di “responsabilità morale”. A un certo stadio della storia queste nozioni furono effettivamente utili: mi riferisco ai giorni in cui i tiranni avevano un potere illimitato e solo il timore dell’inferno era in grado di frenarli. Ma da allora l’umanità è cresciuta e questo raccapricciante modo di pensare non è più necessario.
Potrebbe esserti d’aiuto ricordare quanto dissi una volta attraverso gli scritti del grande poeta Zen Seng-Ts’an:
Se vuoi raggiungere la nuda verità,
non preoccuparti di giusto e sbagliato.
Il conflitto tra giusto e sbagliato
È la malattia della mente.
Questo tuo interessante post mi ha fatto ritornare in mente [l’io qui è molto prepotente] un indovinato chiasmo, o antimetabole per dirla in termini classici, che scrissi qualche anno fa:
“Cos’è il bene
se non faccio niente di male.
Cos’è il male
se non riesco a farlo bene.”
Considerando anche che il bene è un bisogno, il male una necessità!
L’abbraccio di un Mortale
Franco
Caro Franco, sei sempre troppo forte!
D’altra parte bene e male, bene o male sono complementari, come tutte le cose che ci riguardano… ma tu lo hai sintetizzato perfettamente…
un abbraccio
Dio è taoista? Dio rappresenta il Tutto, l’universo, rappresenta la Via per l’eternità e Dio è nella natura: entrare in simbiosi con essa, vuol dire essere in contatto con Dio.
Interessante il dialogo fra Dio e il mortale e interessanti le conclusioni. Godere del libero arbitrio è difficile, vuol dire essere liberi ma vuol dire dover scegliere ciò che è giusto e l’uomo essendo materia corruttibile non ha la forza di saper scegliere il giusto. L’uomo è un debole e si lascia corrompere, e tralasciando il fatto del raggiungimento della vita eterna, sulla terra l’uomo non gode di felicità proprio perchè ha fra le mani il potere decisionale.
Bellissimo argomento che tu Maria tratti con la tua solita competenza proponendo riferimenti letterari di pregio.
Grazie infinite per la qualità del post.
con affetto
annamaria
Cara Annamaria, ti ringrazio come sempre.
Il libero arbitrio è inscindibile dalla capacità che abbiamo di fare dei ragionamenti poiché ad essi segue necessariamente, data la nostra conformazione mentale, una scelta, il fatto che poi questa sia giusta o sbagliata invece è più difficile da verificare perché dipende dalle valenze culturali, dalle variabili esterne, e non necessariamente da una corruzione implicita nella natura umana. Insomma è un argomento del quale si potrebbe parlare all’infinito mi sa…
un abbraccio
Bé, per me Dio è Natura, è Universo, è tutto. Dunque non posso che essere d’accordo con il libro, o almeno con i suoi estratti, che proponi. La cosa buffa è che se pensassi, e a volte lo penso, che Dio non esiste… arriverei alle medesime conclusioni 🙂 Sì, perché se tutto è identificato con Dio o meno… cosa cambia in fondo? 😀 Le regole e le leggi della Natura e dell’Universo ci sono, che ci sia una “mano” a dirigerle oppure no.
In fondo l’esistenza di Dio è solo dialettica, non è così? 😉
Ovviamente, in questa ottica, “bene” e “male” sono ovviamente soggettivi e non assoluti.
Un caro saluto 🙂
http://www.wolfghost.com
Caro Wolf, come darti torto? Condivido in pieno…
un abbraccio
Molto interessante è questo dialogo tra Dio e il Mortale ovvero tra la trascendenza irrazionale e la logica razionale. Questo dualismo o dilemma è ben spiegato quando la discussione verte se Dio esiste. Il Mortale afferma l’esistenza perché parla con lui (logica razionale). Se io parlo con un altro mortale vuol dire che esistono entrambi. Però Dio gli fa notare l’incongruenza, perché non è sufficiente parlare con Dio per affermare che esiste (trascendenza irrazionale). L’alter ego potrebbe essere un impostore e di conseguenza il Mortale crede erroneamente di parlare con Dio ma potrebbe essere anche la sua coscienza e quindi la sua coscienza non è Dio. Analoghi discorsi possono essere applicati per il libero arbitrio. Infatti il libero arbitrio implica che ci sia libertà totale di scelta mentre nella realtà l’orizzonte è più limitato.
Veramente seducente è il post che invita a riflettere e a ricercare dentro se stessi delle risposte che altrimenti non verrebbero formulate.
Un grande abbraccio
Caro Bear, ti ringrazio per il commento che mi è piaciuto molto.
E’ proprio vero che a volte si ha bisogno di uno stimolo per porsi quei quesiti che sostano dentro ognuno di noi, ma che stentano ad emergere… eppure sono fondamentali…
un abbraccio
Uno dei libri a me più cari, con “Gödel, Escher, Bach: un’eterna ghirlanda brillante”.
Sai quanto mi appassionino tali argomenti.
Da sempre l’uomo ha posto domande sulla libertà di scelta e sul destino.
Finché le domande le pone a se stesso, perché ha intuito che non può esserci separazione tra il Sé e il se.
Per dirla anche noi con Lao-Tsu, dovremmo semplicemente esistere nella natura e naturalità delle cose, come progetti di una creazione continua ed infinita in cui siamo immersi, parte dell’Assoluto che, essendo Tutto, è anche noi.
Bellissimo il passo in cui Dio si immedesima nella sua parte umana, l’altro da sé, Mortale che in quanto tale ha i limiti dello spazio tempo, circoscritto però nell’illimitato e, perciò stesso, infinito.
Il Mortale è ciascuna singolarità senziente, consapevole di essere e di significare il suo stesso esistere.
Il libero arbitrio è quindi una delle caratteristiche di Lila, il Grande Gioco. E come questo è illusorio: ma non nel senso che comunemente diamo a questo termine, bensì come presa di distanza da sé per ritrovarsi altro.
Quanto più il Mortale conosce del suo limite, paradossalmente più se ne allontana.
Un gioco di specchi all’infinito, la contraddizione moltiplicata per ogni sé contiguo e percipiente, morirsi ogni attimo per viversi.
Quando si parla di “sottopersone”, è appunto di questo che si tratta, nessuno è solo il sé del momento e nell’attimo stesso è i tanti.
Un mondo di fantasmi, questo sperimentiamo, un mondo di materia labile nella sua essenza quantica, in cui siamo pixel di luce in continuo mutare.
Una delle tante/i me dice questo, e si felicita con te per aver accolto e proposto, con la tua/vostra inestimabile chiarezza, tanto.
Molteplici abbracci
cri
Cara Cri, che aggiungere al tuo esaustivo e piacevolissimo commento se non la domanda che quasi quotidianamente ci poniamo ovvero: visto che anche la scienza ha chiarito e dimostrato certi concetti, come mai ci ostiniamo a dare tanta importanza a questa materia, che ci illudiamo di conoscere e “vedere”, sognando addirittura che possa diventare eterna? il gioco per molti diventa una realtà crudele dalla quale non riescono mai a liberarsi, ed ecco che le religioni trovano terreno fertile in tutte le epoche…
un bacio
“Non siamo un po’ troppo arrendevoli verso tutti i mortali che si fanno portavoce della parola di Dio? Come potrebbe il pensiero limitato contenere quello illimitato?” E’ quello che ho sempre pensato anch’io ed è il motivo per cui stento legarmi a un credo. Sono più dell’idea che
“se ci si sente parte di un tutto, si è anche il tutto.” C’è da chiedersi se questo stato eliminerebbe la sofferenza anche escludendo l’idea di peccato. Ma anche la sofferenza è una condizione mutuata da un certo modello. Penso per esempio al dolore derivante dal’abbandono, dalla perdita o da sentimenti quali l’invidia, la gelosia ecc. La sofferenza è legata all’idea di possesso e il nostro sistema si costruisce intorno a questo totem (possediamo” un’individualità, beni, qualità, persone ( sei mio, sei mia… )
“mia” carissima:))
Kiss
Cara Giacy, infatti la devastante idea di possesso, insieme a quella di “per sempre”, sono frutto delle religioni che attraverso falsi bisogni e falsissime richieste di presunte divinità non fanno altro che rallentare il cammino dell’umanità (per mantenere loro il potere ovviamente)…
baciobacio
credo sia difficile liberarci adesso delle nostre sovrastrutture è un po’ come far prendere coscienza alle donne che sono esseri umani come gli altri…
Dovremmo perdere una parte della nostra cultura cartesiana e occidentale di dividere ogni cosa nel suo opposto e contrario, bene male, bianco nero ecc. o almeno essere fortemente consapevoli che è solo un modo di leggere quella che chiamiamo “realtà”, certo per assolutizzare il bene ci serve il male come scrivi, ma che bisogno c’è di assolutizzare?
Il nero ha “sfumature di grigio, ci insegnano ;)” il bene assoluto cos’è? e per chi è “bene”? In un mondo così fortemente sbilanciato sentiamo più che mai queste contraddizioni e più che mai ci fanno stare male. Vediamo un mondo economicamente globalizzato ma sempre più frantumato umanamente, sappiamo per certo che mai più potremo andare a fumare l’afgano in loco, e neppure farci un giro nella bellissima Aleppo… e neppure per colpa di un dio che gli uomini han voluto bislacco come loro perché è la nostra imperfezione a farci muovere, il nostro desiderio di essere immortali attraverso il denaro e il potere sugli altri; tutto pur di esorcizzare la morte, così tanto che non sappiamo più capire niente della vita e ci organizziamo a distruggerla: gli olocausti ambientali perpetrati negli ultimi 300 anni ci stanno accompagnando all’estinzione e forse è meglio così, abbiamo fatto il nostro tempo, in tutti i sensi, lo abbiamo creato, lo abbiamo accorciato e teso facendoci fagocitare dalla nostra stessa invenzione.
Cara Cris, la nostra struttura mentale si presta a grandi manipolazioni, noi stessi lo facciamo quotidianamente con la nostra realtà privata, figuriamoci poi se si allarga il raggio d’azione. Il monoteismo ha attuato una dittatura religiosa in cui uomini (maschi) hanno creato una divinità (anch’essa maschile) fatta a propria immagine e somiglianza, interessata poco alla spiritualità e molto alla materia, ai beni materiali e al potere temporale. La confusione che ne deriva con tutte queste separazioni fallaci e senza vie di mezzo ci allontana sempre più da una eventuale “verità” e sicuramente ci fa dimenticare le cose davvero importanti e l’unica certezza che abbiamo, ovvero che siamo transitori e mortali.
un bacio
“Un essere cosciente senza libero arbitrio è semplicemente un assurdo metafisico.”
Non sono totalmente d’accordo. Soprattutto se ci si avvicina alla natura, ci si rende conto che i condizionamenti della stessa natura (le sensazioni, gli istinti) e quelli originati dalla storia personale e sociale rendono spesso il libero arbitrio una mera apparenza. In realtà si potrebbe dire che il servo arbitrio è umano, mentre il libero arbitrio è superumano, in quanto necessita di una spinta fortissima della volontà o di un atto di ribellione, che solo superando i limiti imposti dalla natura determinante si rende possibile.
Caro Guido, ma noi facciamo parte della natura, siamo natura, non ne siamo separati… il fatto di essere dotati di una coscienza non ci dovrebbe allontanare da essa né costringerci a fare sforzi sovrumani per contrastare sensazioni ed istinti, semmai sono proprio questi ad essere pilotati (a mio avviso) da millenni di condizionamenti culturali imposti dalla società e dalle religioni e sono talmente radicati in noi che nemmeno ce ne accorgiamo più…
un abbraccio