Fahrenheit 451 e la società distopica.

fahrenheit-451La distopia è il contrario dell’utopia, descrive la società peggiore che si possa immaginare. Le due distopie più famose nel romanzo di fantascienza le troviamo descritte in 1984 di Georges Orwell, pubblicato nel 1949 e in Fahrenheit 451 (1953) di Ray Bradbury. La differenza tra le due è che mentre in 1984 la gente vive sotto la schiavitù di un Grande Fratello che tutto sa e che controlla ogni cosa, in Fahrenheit viene imbottita di divertimenti artificiali, l’immagine predomina sul segno e i libri sono il nemico da distruggere. In entrambe comunque si tenta di bloccare l’attività più pericolosa dell’uomo (ultimamente poco praticata), ovvero pensare in modo autonomo.

E ho pensato ai libri. E per la prima volta mi sono accorto che dietro ogni libro c’è un uomo.

Fahrenheit 451 corrisponde alla temperatura alla quale la carta brucia. Guy Montag, il protagonista, fa il pompiere. In questa nuova società, da quando ogni costruzione è ignifuga, i pompieri non sono più chiamati per spegnere gli incendi, al contrario sono diventati i custodi del fuoco sacro e il loro compito è purificare la società da chi detiene ancora illegalmente dei libri. Con il sistema infallibile della delazione anonima (ci sarà sempre un volenteroso cittadino pronto ad accusare il proprio vicino, familiare, amico), i pompieri corrono a sirene spiegate verso la meta e lì mettono al rogo i libri, le abitazioni e talvolta persino i proprietari. La tecnica ricorda episodi storici simili, dai falò delle vanità del Savonarola ai roghi dei nazisti per citarne alcuni, ma si tratta di un procedimento praticato molto di frequente da chi vuole imporre il proprio pensiero politico o religioso che sia.

Siedi, Montag, prego. Guarda. Delicatamente, come i petali di un fiore. Accendi la prima, poi la seconda. Ogni pagina si trasforma in una farfalla nera. Bello, non è vero? Accendi con la seconda la terza pagina e così via, a catena, un capitolo dopo l’altro, tutte le cose sciocche che le parole esprimono, tutte le false promesse, tutte le cognizioni di seconda mano, tutte le ideologie corrose dal tempo.

Non si può mai sapere attraverso quale strada giunga l’illuminazione, l’improvvisa visione della realtà così com’è e non come siamo abituati a vederla. Nel caso di Montag, la scintilla che apre il varco è Clarisse, una ragazza di diciassette anni, sua vicina di casa, totalmente avulsa dallo schema in cui tutti vivono, vestale dell’antico tempio della dea Libertà. Con grande semplicità e naturalezza, mostra a Montag che basta distogliere l’attenzione da ciò che viene imposto per scoprire che si può trovare il tempo per riflettere su ogni cosa in modo indipendente. Al lato opposto si trova Mildred, la moglie, che incarna invece l’esempio di cittadina-automa modello e con la quale Montag ha un rapporto basato sull’incomunicabilità, ogni tipo di contatto è annullato, dalla barriera televisiva durante il giorno e da una radio-conchiglia da inserire nell’orecchio di notte.

Ci dev’essere qualcosa di speciale nei libri, delle cose che non possiamo immaginare, per convincere una donna a restare in una casa che brucia.

Una volta avviato il processo di consapevolezza non è più possibile arrestarlo. Un episodio si rivela fondamentale per Montag, è il caso di un’anziana signora che, una volta scoperta e malgrado l’invito dei pompieri, si rifiuta di abbandonare la sua casa e i suoi libri e decide di lasciarsi avvolgere dalle fiamme insieme a loro. Il fatto che nessuno la porti via dal rogo, la manifesta indifferenza dei colleghi di fronte alla vita di un altro essere umano, segna profondamente Montag insieme alla scelta di un sacrificio per lui incomprensibile. A partire da questo momento Montag inizierà a mettere in discussione le regole della società in cui vive e scoprirà l’importanza dei libri.

A misura che le scuole mettevano in circolazione un numero crescente di corridori, saltatori, calderai, malversatori, truffatori, aviatori e nuotatori, invece di professori, critici dotti e artisti, naturalmente il termine “intellettuale” divenne la parolaccia che merita di diventare. Si teme sempre ciò che non ci è familiare. [] Noi dobbiamo essere tutti uguali. Non è che ognuno nasca libero e uguale, come dice la Costituzione, ma ognuno vien fatto uguale. Ogni essere umano a immagine e somiglianza di ogni altro; dopo di che tutti sono felici, perché non ci sono montagne che ci scoraggino con la loro altezza da superare, non montagne sullo sfondo delle quali si debba misurare la nostra statura! Ecco perché un libro è un fucile carico, nella casa del tuo vicino. Diamolo alle fiamme! Rendiamo inutile l’arma. Costruiamo la mente dell’uomo. Chi sa chi potrebbe essere il bersaglio dell’uomo istruito?

Bradbury

Questa è la ricetta della felicità del capitano Beatty, il superiore di Montag. Ma come si è arrivati a costruire un tale tipo di società? E noi oggi siamo così distanti da questi subdoli meccanismi che assopiscono le coscienze? Da molti anni il sistema scolastico punta verso il basso, malgrado si sbandierino iniziative e strategie d’eccellenza, la realtà è ben diversa e lo stesso avviene con le trasmissioni televisive, con i film, con i giornali e ovviamente anche con i libri. La tendenza a massificare è in atto da parecchio tempo e si è radicata al punto da risultare spesso invisibile. Chi è interessato alla cultura? Meglio occuparsi di sport, di reality, o intrattenersi con una bella rivista di gossip. Ma è davvero una ricetta efficace per essere soddisfatti, quella di livellare tutto? Se si appiattiscono anche le emozioni si finisce al contrario per lasciare spazio unicamente all’afflizione, perché non può esserci nessuna felicità senza consapevolezza.

Ricordati, ad ogni modo, che questo Beatty appartiene al nemico più pericoloso della verità e della libertà, la bovina mandria compatta e inerte detta maggioranza. Ah, buon Dio, la terribile tirannide della maggioranza.

Il troppo è sempre un’arma a doppio taglio, un eccesso di informazioni non significa necessariamente l’acquisizione di un maggior numero di conoscenze, anzi, al contrario può segnare l’effetto opposto e cioè l’annullamento dell’informazione stessa. Quando il livello culturale si abbassa diventa sempre più difficile riuscire a selezionare, in quell’oceano di dati, ciò che è di qualità e vicino alla verità, tutto il resto infatti è orientamento indotto verso certe notizie manipolate a dovere. Il cammino verso una società che punti alla disumanizzazione, che perda i propri valori, che si allontani dalla natura è già in corso e l’abbrutimento serpeggia, pronto a installarsi in ogni cellula come un male incurabile.

 

I buoni scrittori toccano spesso la vita. I mediocri la sfiorano con una mano fuggevole. I cattivi scrittori la sforzano e l’abbandonano. Capite ora perché i libri sono odiati e temuti? Perché rivelano i pori sulla faccia della vita.. la gente comoda vuole soltanto facce di luna piena, di cera, facce senza pori, senza peli, inespressive.

Il rogo è emblematico, non è il libro in sé a procurare danni irreparabili ma le idee che veicola, mentre la televisione ipnotizza in un’abiezione di massa che esclude la possibilità di un senso critico, anzi è addirittura partecipata poiché lo spettatore viene chiamato a far parte attiva all’interno delle trasmissioni e delle stesse fiction, recitando in diretta delle battute prestabilite, dal salotto di casa. Il libro invece, con la sua caratteristica di lettura solitaria innesca meccanismi temibili per una società così strutturata. Gli uomini infatti hanno necessità di tre elementi fondamentali: innanzitutto la qualità dell’informazione e i bei libri hanno la capacità di mostrare il vero volto delle cose, la vita stessa; poi avere del tempo libero, ma non per impiegarlo distraendosi, al contrario per concentrarsi e assimilare le informazioni ricevute e infine avere la libertà di poter compiere le azioni che derivano dall’interazione tra la qualità dell’informazione e il piacere dell’assimilazione della stessa.

«Dove andremo a finire? I libri potranno esserci d’aiuto?»

«Soltanto se potremo avere la terza cosa che ci manca. La prima, come ho detto, è sostanza, identificazione della vita. La seconda, agio, tempo di pensare a questa identificazione, di assimilare la vita. La terza: diritto di agire in base a ciò che apprendiamo dall’influenza che le prime due possono esercitare su di noi.»

Se è vero che il punto di rottura è avviato da una ragazza, rimane il fatto che il compito di salvare il mondo è riservato agli uomini. Un certo sentore maschilista si diffonde dalle pagine del libro, non solo perché la moglie e le amiche sembrano un odioso gruppo di decerebrate, ma soprattutto perché alla fine, quando Montag si unisce ai dissidenti uomini-libro non viene mai menzionata una donna, né tra gli autori, né tra le personificazioni. Certo non bisogna dimenticare che nella democraticissima America degli anni ’50, oltre a un razzismo imperante nei confronti delle persone di colore, ce n’era un altro più subdolo nei confronti della donna, angelo del focolare, vittima del sessismo fino all’umiliazione e ciò è ben documentato dalle immagini pubblicitarie dell’epoca. Vedere per credere, dieci immagini chiarificatrici: http://www.businesspundit.com/10-most-sexist-print-ads-from-the-1950s/?img=21450

«C’era un buffissimo uccello, chiamato Fenice, nel più remoto passato, prima di Cristo, e questo uccello ogni quattro o cinquecento anni si costruiva una pira e ci s’immolava sopra. Ma ogni volta che vi si bruciava rinasceva subito poi dalle sue stesse ceneri, per ricominciare. E a quanto sembra, noi esseri umani non sappiamo fare altro che la stessa cosa, infinite volte, ma abbiamo una cosa che la Fenice non ebbe mai. Sappiamo la colossale sciocchezza che abbiamo appena fatta. Conosciamo bene tutte le innumerevoli assurdità commesse in migliaia di anni e finché sapremo di averle commesse e ci sforzeremo di saperlo, un giorno o l’altro la smetteremo di accendere i nostri fetenti roghi funebri e di saltarci sopra. Ad ogni generazione raccogliamo un numero sempre maggiore di gente che si ricorda.»

Avere la capacità di conoscere, di comprendere e tuttavia continuare a commettere atti insensati, cercare una salvezza nel fuoco per poi ricominciare daccapo e rifare sempre le stesse cose, è una costante nella storia dell’uomo, forse perché le esperienze da compiere sono sempre le stesse e tutte le anime devono sperimentarle, così il ciclo non si conclude mai e c’è sempre qualcuno più avanti e tanti altri che restano indietro. Ecco perché i cambiamenti sembrano interessare solo l’aspetto superficiale, mentre scavando in profondità, la visione d’insieme concede il deludente spettacolo di un processo evolutivo lentissimo. Tuttavia è possibile di tanto in tanto anticipare i tempi e dare un’occhiata a quell’oltre eventuale che la fantascienza, pur essendo un genere poco apprezzato dalla critica, è sempre riuscita a modellare, prefigurare, intuire, esaltando le nostre potenzialità negative o sviluppando le immense capacità intellettive e creative, comunque offrendoci una vista privilegiata attraverso finestre temporali e salti dimensionali che ci rifiutiamo di accettare come reali. E qui si torna ai condizionamenti, i potenti nemici di ogni progresso, ci sono norme che non si possono scalfire, confini che non si possono attraversare, la massa infatti va controllata, circoscritta in un recinto e tenuta a bada attraverso un astuto sistema che la piega a una volontà non sua, senza che se ne renda conto. Il futuro è già presente, non stiamo forse vivendo la nostra personale distopia?

 

27 commenti

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27 risposte a “Fahrenheit 451 e la società distopica.

  1. Uno dei libri più paurosamente profetici che abbia mai letto. Anche se il suo simbolismo incendiario appare oggi molto più TENUE rispetto alla realtà che si profila. Non sarà necessario bruciare i libri, se potranno sopravvivere come innocui soprammobili, in un mondo di neoscimmie disalfabetizzate, capaci solo di premere compulsivamente con le dita unte sopra loghi colorati che campeggiano su schermi touch, capaci solo di “scaricare le app” che gli permetteranno di avere cibo, videogiochi, musica e sesso…

  2. Aspetti che suscitano perplessità in questa creazione di Bradbury, dal maschilismo alla sfiducia nella democrazia, che mettono in dubbio i fondamenti del modello ottimistico di società che si prefigurava nel secondo dopoguerra. Preoccupante anche la soluzione esterna al problema dell’omologazione culturale. Saranno gruppi di intettelluali “resistenti” a conservare e recuperare i valori umani e civili che si perdono nella società consumistica. Il problema è apertissimo: riformismo e fiducia in una possibile rigenerazione del sistema o costituzione di élites rivoluzionarie che lo rifiutino, opponendo modelli conservativi, fondati sui “sani principi di una volta” ? Sappiamo che questa è la tentazione prevalente tra gli intellettuali, anche se finora non ha mai dato (nella storia) risultati incoraggianti.

    • Gli intettelluali non sono intellettuali con evidenti attributi femminili, ma un refuso da sospetta dislessia: sorry!

      • Caro Guido, in effetti non si prospetta nulla di buono… per di più la democrazia è già un lontano ricordo e in momenti di disgregazione sociale come questi sembra che emerga soltanto un preoccupante vuoto… staremo a vedere
        un abbraccio

  3. Sono molto d’accordo con le critiche che rivolgi alla televisione: massificazione, distruzione della diversità, omologazione, conformismo, sono ciò che essa induce più di ogni altra cosa. Cose ben gradite a ogni forma di potere, che non ha bisogno d’individui ma di sudditi. Un caro saluto.

  4. capolavori, tanto attuali, quanto “pericolosi”
    e in quanto “pericolosi”
    CAPOLAVORI

    grazie Maria, mille volte grazie

  5. Un libro che davvero porta a riflettere. E a guardarsi intorno con una certa preoccupazione.

  6. Questo libro lo lessi molti anni fa e in qualche modo pensai a un messaggio politico. Era il tempo della guerra fredda e della pianificazione di massa del comunismo.
    Però leggendolo ora se ne può dare un’altra interpretazione più moderna e attuale: il pensiero unico veicolato col tramite della televisione e dei media.
    Sicuramente è un libro che porta a riflettere sui guasti che l’uso spericolato di tecnologie può condurre alla desertificazione della mente, quello che io affermo talvolta: portare all’ammasso il cervello ovvero delegare il mio prossimo a pensare per me.
    Sicuramente c’è un messaggio maschilista nascosto nel finale: solo l’uomo (maschio) può condurre la rivoluzione e l’emancipazione della mente.
    Quando ti leggo mi stupisco ogni volta per come sei in grado di estrarre dai testi delle riflessioni profonde e calzanti.
    Un grande abbraccio

    • Caro Gian Paolo ti ringrazio tantissimo, a volte mi stupisco anch’io per come certe (ri)letture mi facciano saltare agli occhi “giganteschi” particolari che prima non notavo… si vede che andando avanti con gli anni sono sempre più attenta (sarà un bene?)…
      un forte abbraccio

      • Anch’io mi stupisco nel rileggere dei libri di scovare nuove e diverse interpretazioni.
        Invecchiando (purtroppo questo non va bene), si diventa più riflessivi (questo è un bene)
        Ricambio l’abbraccio

  7. Un libro stupendo e – nonostante ciò accada raramente – un film altrettanto bello. Giustamente, hai citato il nazismo. Direi che ogni regime antidemocratico teme i libri, in quanto fonte di sapere, di espressione, di libertà. Il processo che porta Montag a “redimersi” è emblematico. Perché negli uomini “veri” non può essere spenta la fiamma della verità.
    Bellissimo post!
    Un bacione ^^

  8. wolfghost

    Pazzesche le pubblicità dell’epoca! 😮 Direi proprio che la dicono tutta e il tuo è un rimando perfetto che chiude in maniera ineccepibile il discorso sul motivo del sessismo – tutt’altro che apparente – del libro.
    Sì, purtroppo credo sia indiscutibile che l’umanità si sia fatta numerosi “autogoal” perdendo centinaia di anni (pensiamo solo al buco e all’immobilismo del primo medioevo) ripetendo errori simili. Chissà dove saremmo adesso se certe grandi civiltà del passato non si fossero autodistrutte o avessero imbellamente permesso ad altre di farlo! 😦
    Se vogliamo oggi il meccanismo è più subdolo, come ben sottolinei, non si nascondono più le informazioni valide ma le si annegano in una quantità enorme di informazioni false o, più spesso, inutili. Molti non cercano più la verità ma optano, piuttosto, alla scelta che gli fa più comodo.
    Un caro saluto 🙂

    http://www.wolfghost.com

    • Caro Wolf, ti ringrazio moltissimo per questo commento, hai colto tutto quello che desideravo porre in primo piano e sei l’unico che ha citato quelle immagini che sono a dir poco scandalose! La tua frase finale è molto importante perché ci rende corresponsabili di questo disastro… la verità non importa più a nessuno…
      un abbraccio

  9. Io, molti anni fa, in televisione, vidi il film tratto da questo libro nel quale pompieri fanatici correvano a bruciare i libri. Ero ragazzina,ma rimasi sconvolta perché un signore si era nascosto i libri in cima al lampadario, ma glieli hanno trovati ugualmente. Il film finiva con un ragazzo al quale un vecchio recitava a memoria un libro, non ricordo quale, perché era l’unico modo di conservarne memoria. È vero, le pubblicità dell’epoca sono pazzesche, ma la mercificazione odierna del corpo femminile non è davvero da meno. Vergogna. E abbiamo perfino inventato, recentemente, il termine “femminicidio” per indicare la sublimazione del più ignobile maschilismo: stai zitta perché altrimenti ho più forza di te e ti ammazzo. Piuttosto, vai a fare quei quattro piatti quotidiani.

    • Cara Mimma, è vero le cose cambiano solo apparentemente, le pubblicità dell’epoca sono ripugnanti, ma effettivamente anche oggi, in modo più subdolo, non si fa altro che lanciare il solito messaggio e cioè che viviamo in un mondo in cui la figura predominante è maschile e le donne sono solo un orpello, un divertente (e utile) giochino di cui si può fare scempio…
      grazie e un abbraccio

  10. Leggendo questo post e guardando le immagini pubblicitarie di molto tempo fa, mi accorgo che i comportamenti per quanto siano mutati, le ideologie di supremazia maschilista sono rimaste ( non mi sarei aspettata una tale umiliazione verso la donna da parte di un popolo che credevo fosse all’avanguardia).
    I libri venivano messi al rogo, ora sono ignorati da molti a causa delle sollecitazioni più abbordabili, meno fatica di concentrazione ed evasione stupida a tutto campo. Le pubblicità facilitano questo percorso, mentre per la cultura si investe quasi nulla in tempo e denaro. Leggevo che l’Italia in una lista di nazioni è al penultimo posto per la cultura, infatti l’Italia non sa valorizzarsi, potrebbe avere introiti d’oro se sfruttasse le bellezze artistiche che possiede, evidentemente entra in gioco la cultura mancante o la cultura che non si ama.
    Bravissima come sempre, ci vorrebbero più persone come te, cara Maria.
    un abbraccio
    annamaria

    • Cara Annamaria, purtroppo qui in Italia, come dici bene, non c’è alcun rispetto né per l’arte né per la cultura e questo ci fa restare sempre più indietro rispetto agli altri paesi. Ho spesso discussioni sui tesori “trafugati” all’Italia da Napoleone e francamente io tifo per i francesi. Se avessimo avuto noi la Gioconda a quest’ora si troverebbe in casa di qualche politico o a prendere polvere, magari con l’aggiunta di baffi al pennarello, in qualche scantinato umido e dimenticato…
      grazie e un abbraccio

  11. Spendida sintesi!
    E’ un libro che propongo anche ai miei alunni perchè possano riconoscere tante delle loro abitudini e la nuova forma di isolamento, quasi “autismo” di gruppo che si sta sviluppando ( grazie agli auricolari immancabili anche quando si sta insieme, ai twitters autoreferenziali, parvenze di comunicazione, e così via ). Tra i momenti che ricordo del romanzo c’è la passeggiata solitaria di Clarissa in una città di fatto vuota.
    Un abbraccio

    p.s.
    potenti le 10 immagini! C’è di che soffrire per un mese….

    • Cara Giacy, in effetti si presta a molte riflessioni importanti da fare con i ragazzi… io ricordo quel famoso dialogo in cui si ha finalmente una risposta da poter ripetere pari pari quando gli alunni ti chiedono: prof, ma a che serve leggere???
      grazie e un bacione

  12. Avevo letto 1984 ma non Fahrenheit 451, e di questo nemmeno visto il film.
    Certamente sono inquietanti le realtà di Orwell e di Bradbbury, della prima stiamo già sperimentando la globalizzazione del controllo. Della seconda non ci rendiamo conto perché subdolamente fa credere il contrario.
    Ma non a chi si sveglia, a chi “vede” oltre gli schermi e le parate.
    Riguardo ai libri è sempre stato chiaro che al potere fa gioco l’ignoranza delle masse.
    Ne abbiamo prove nella storia dell’umanità, da secoli ingannata sulla necessità del sapere.
    La conoscenza svilupperebbe il senso critico, e questo renderebbe vano ogni condizionamento. La consapevolezza sempre più approfondita sarebbe semplicemente deleteria per chi conduce il gregge.
    Verso le donne poi c’è un accanimento ancora maggiore nel volerle succubi, silenziose, angeli del focolare.
    I tempi stanno cambiando solo di poco, e solo in apparenza.
    Dai tempi di Ipazia, è stata funzionale la violenza di genere, e in concomitanza la distruzione della biblioteca di Alessandria: si eliminavano n tal modo i due rischi più temuti dai potenti, l’emancipazione femminile e l’accesso alla conoscenza.
    Due roghi precursori di altri non visibili ma altrettanto distruttivi.
    Le immagini della pubblicità, ne furono e ne sono il risultato. La donna è ancora oggetto, la cultura un privilegio delle classi agiate.
    La povertà dei popoli reclama solo pane. Le donne pagano ancora troppo caro il proprio intelletto.

    “Il rogo è emblematico, non è il libro in sé a procurare danni irreparabili ma le idee che veicola, mentre la televisione ipnotizza in un’abiezione di massa che esclude la possibilità di un senso critico”…

    Già.

    • Cara Cri, condivido pienamente le tue importanti riflessioni. In merito al libro, francamente a me è piaciuto di più 1984, tra le altre cose rende meglio l’atmosfera soffocante della mancanza di libertà…
      baci

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