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Gli “Incontri con uomini straordinari” di Gurdjieff.

copertinaGeorges Ivanovič Gurdjieff (1872-1949) filosofo, santone, mistico, scrittore, maestro di vita, viaggiatore, protagonista di avventure rocambolesche e fuori dall’ordinario, ha avuto un grande numero di discepoli durante la sua vita e ancora oggi i suoi seguaci sono distribuiti in tutto il mondo. Arrivato in Francia nel 1922 fonda l’Istituto per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo al castello del Prieuré, presso Fontainebleau. Qui i suoi discepoli si riunirono in una comunità indipendente, il cui scopo principale era quello di compiere un’approfondita conoscenza di sé applicando il metodo del maestro, attraverso tecniche ed esercizi ben precisi. Dopo un grave incidente automobilistico avuto nel 1924 Gurdjieff inizia la sua attività di scrittore per tramandare la sua dottrina anche dopo la morte.

Dal mio punto di vista, può venire chiamato straordinario soltanto l’uomo che si distingua da quelli che lo circondano per le risorse del suo spirito e che sappia contenere le manifestazioni provenienti dalla propria natura, pur mostrandosi giusto e indulgente verso le debolezze altrui.

Incontri con uomini straordinari, pubblicato nel 1960 e del quale esiste anche una trasposizione cinematografica realizzata nel 1978 da Peter Brook, suo discepolo, racconta in forma autobiografica dei pellegrinaggi durati circa vent’anni (dal 1887 al 1907) in giro per il mondo insieme ai Cercatori della verità e le storie legate alla conoscenza di uomini determinanti per il suo percorso di crescita interiore, che, volontariamente o involontariamente, hanno agito da fattore vivificante per la formazione definitiva di uno degli aspetti della mia attuale individualità.

Mi propongo di dare all’insieme delle idee che sto per esporre una forma accessibile a tutti, nella speranza che queste idee potranno servire da elementi costruttivi e preparare il cosciente dei miei simili a edificare un mondo nuovo – mondo reale secondo me, e suscettibile di essere percepito come tale da ogni pensiero umano senza il minimo impulso di dubbio – al posto di questo mondo illusorio che i nostri contemporanei si rappresentano.

In effetti Gurdjieff riesce nel suo proposito, l’esposizione è chiara ed accessibile in tutto il libro. Il suo intento principale consiste nel tentativo di risvegliare le coscienze, unico modo per potere cambiare il mondo, modificandone radicalmente la percezione che abbiamo di esso. Gurdjieff parla di risveglio poiché è convinto che attualmente la nostra vita sia più vicina allo stato di sonno che non a quello di veglia, praticamente viviamo una vita da addormentati e solo lavorando con grande disciplina su noi stessi potremo raggiungere il necessario livello di consapevolezza indispensabile per la rinascita.

Sono le convenzioni di cui siamo imbottiti che costituiscono la morale soggettiva. Ma una vita vera esige la morale oggettiva, che può venire soltanto dalla coscienza. La coscienza è la stessa dovunque: qui è come a Pietroburgo, come in America, nella Kamčatka o nelle isole Salomone. Oggi sei qui, ma domani puoi essere in America. Se hai una vera coscienza, e se ad essa adegui la tua vita, dovunque tu sia, tutto andrà bene.

La principale causa dell’assopimento è data dalle famigerate convenzioni. È davvero molto difficile rendersi conto di quanto influiscano sulla nostra esistenza e fino a che punto ci limitino, per quanto in questo blog, ben prima di leggere Gurdjieff, è stata mossa contro di esse una guerra senza frontiere. Egli sostiene che se una coscienza ha l’opportunità di svilupparsi liberamente allora di certo sa più di quanto si possa trovare nei libri o di quanto possano insegnare i maestri, e suggerisce inoltre, nei casi in cui la coscienza non è ancora perfettamente formata, per evitare errori clamorosi, di adeguarsi all’insegnamento di non fare agli altri ciò che non si vorrebbe subire su sé stessi.

gurdjieffSe i sermoni di frate Seze producono immediatamente una forte impressione, alla lunga tale impressione invece scompare e, alla fine, non ne rimane assolutamente nulla. Quanto alla parola di frate Akhel, in un primo momento essa non fa quasi nessuna impressione. Ma, col tempo, l’essenza stessa del suo discorso acquista di giorno in giorno una forma più definita e penetra interamente nel cuore dove rimane per sempre.

Colpiti da questa constatazione, ci mettemmo tutti a cercare perché ciò accadeva, e giungemmo alla conclusione unanime che i sermoni di frate Seze provenivano soltanto dal suo intelletto, e non agivano, di conseguenza, che sul nostro intelletto, mentre quelli di frate Akhel provenivano dal suo essere e agivano sul nostro essere.

Eh sì, caro professore, il sapere e la comprensione sono due cose completamente differenti. Soltanto la comprensione può portare all’essere. Il sapere di per se stesso non ha che una presenza passeggera: un nuovo sapere caccia via il precedente, e, in fin dei conti, non è altro che del nulla versato nel vuoto.

Un concetto molto importante che viene sviluppato è quello della conoscenza. Non è tanto l’accumulare sapere enciclopedico quanto il comprendere che porta all’essere e si può ben capire fino a che punto potesse essere rivoluzionario e sconcertante un tale modo di pensare per l’epoca. Naturalmente Gurdjieff non rifiuta il sapere in sé, ma mostra come esso sia frutto di altri automatismi, di una concatenazione mnemonica e senz’anima. Se però il sapere, come insieme di informazioni apprese, si unisce alle esperienze personali vissute, alla pratica, allora ecco che abbiamo quella forma di conoscenza che arricchisce e permette una visione d’insieme ampia e nitida che agevola il cammino verso di sé e verso il risveglio.

Gurdjieff, per bocca di un anziano intellettuale persiano, non risparmia stoccate mortali alla cultura europea:

Purtroppo l’attuale periodo culturale – che noi chiamiamo civiltà europea, e che così verrà chiamato dalle generazioni future – è intercalare, se così si può dire, nell’evoluzione dell’umanità; in altri termini, è un abisso, un periodo di vuoto nel processo generale di perfezionamento umano, perché, ed è un fatto acquisito, i rappresentanti di questa civiltà sono incapaci di tramandare ai loro discendenti alcunché di valido per lo sviluppo dell’intelligenza, questo motore essenziale di ogni perfezionamento.

Se la letteratura è uno dei principali mezzi per lo sviluppo dell’intelligenza ecco che la civiltà contemporanea distruggendola ha anche impedito l’ulteriore crescita spirituale e intellettuale dell’umanità, creando un punto di stallo, una frattura forse insanabile per un tempo lunghissimo.

Le esigenze della civiltà contemporanea hanno generato un’altra forma molto specifica di letteratura, che viene chiamata giornalismo. Non posso passare sotto silenzio questa nuova forma letteraria, perché, a parte il fatto che non porta assolutamente nulla di buono per lo sviluppo dell’intelligenza, essa è diventata, a mio avviso, il male dei nostri tempi, nel senso che esercita un’influenza funesta sui rapporti umani.

Ma c’è una forma letteraria ancora più subdola e pericolosa che contraddistingue la società moderna, si tratta del giornalismo, un tema quanto mai attuale in questo periodo. Secondo l’anziano il diffondersi del giornalismo è la diretta conseguenza della debolezza e mancanza di volontà da parte degli uomini di oggi. In questo modo si viene a creare una paralisi del pensiero che impedisce al senso critico di analizzare la realtà esterna con lucidità così da prenderne coscienza e in tal guisa recuperare anche la memoria di sé.

Per sfortuna di noi tutti questo genere di letteratura, che invade ogni anno di più la vita quotidiana degli uomini, fa subire alla loro intelligenza, già molto indebolita, un indebolimento ancora peggiore consegnandola inerme a ogni genere di inganni e di errori; essa li mette fuori strada a ogni passo, li distoglie da qualsiasi modo di pensare più o meno fondato e, invece di un giudizio sano, stimola e fissa in loro alcune tendenze indegne quali: incredulità, ribellione, paura, falso pudore, dissimulazione, orgoglio, e così via.

Se vogliamo fare un paragone con il giornalismo dei nostri giorni non possiamo non trovarci d’accordo sul fatto che manca totalmente di obiettività e oltre ad una sempre più evidente pletora di frasi sgrammaticate, scarsa proprietà di linguaggio e un lessico povero e involgarito, non meno importante è il fatto che spesso, nelle pagine di riviste e quotidiani, si impone un pensiero di maggioranza o si è asserviti a quello dei proprietari dei giornali in questione. Tutto questo sopprime il senso critico, il pensiero personale e contribuisce a rendere sempre più semplice potere ingannare e rendere schiava la popolazione.

Tra questi operai del giornalismo e della letteratura contemporanea lo spirito di corpo è molto sviluppato: essi si sostengono a vicenda e si lodano in ogni occasione in modo esagerato. Mi sembra anzi che questa caratteristica sia la causa principale della loro proliferazione, della loro falsa autorità sulla massa, e dell’adulazione incosciente e servile dimostrata dalla folla per quelli che si potrebbero definire, con la coscienza a posto, delle perfette nullità.

Per abbattere i muri, infrangere tutte le maschere che ci appesantiscono, rallentano, rendono deboli, ipocriti, è necessario imparare a trovare la propria anima, che non è un dono, ma è anch’essa qualcosa che si deve guadagnare anche e soprattutto con la sofferenza. Lo smantellamento delle illusioni, di quello che ci si è abituati a credere di essere, lo sforzo di rinunciare all’assopimento, rinunciare al proprio ego imperante, tutto questo richiede uno sforzo enorme e un dolore cosciente.

«Dopo quell’incontro, il mio mondo interiore e il mio mondo esteriore sono completamente cambiati. Nelle concezioni che si sono radicate in me, è avvenuta spontaneamente una revisione di tutti i valori. Prima di questo incontro ero un uomo completamente assorbito dai propri interessi e dai propri piaceri personali, come pure dagli interessi e dai piaceri dei propri figli. Ero sempre rivolto, col pensiero, a cercare di soddisfare il meglio possibile i miei bisogni e i loro. Posso dire che fino a quel momento tutto il mio essere era dominato dall’egoismo e tutte le mie emozioni e manifestazioni provenivano dalla mia vanità. Il mio incontro con padre Giovanni ha fatto giustizia di tutto questo e da allora, a poco a poco, in me è apparso qualcosa che ha portato tutto me stesso alla convinzione assoluta che al di fuori delle agitazioni della vita esiste qualcos’altro che dovrebbe essere lo scopo e l’ideale di ogni uomo più o meno capace di pensare – e che questo altro soltanto può rendere l’uomo veramente felice e offrirgli dei valori reali, invece di quei ‘beni’ illusori che, nella vita comune, gli vengono prodigati sempre e dovunque».

Non so molto di e su Gurdjieff, ma qualunque mortale venga mitizzato, osannato, elevato al rango di semidio, suscita in me innumerevoli perplessità. Anche in presenza di insegnamenti validi e affascinanti, non bisogna mai dimenticare che ci si trova sempre di fronte a delle persone. Perciò se si vuole seguire un certo orientamento va tutto bene, purché non si perda mai il senso critico e non si ponga nessuno su un piano oltre-umano. La tendenza principale dell’uomo è la natura gregaria, molti sentono il bisogno di riunirsi in gruppo, di sentirsi dire cosa fare, cosa è giusto, cosa è sbagliato e soprattutto il fatto di prendere come punto di riferimento qualcuno in particolare da idolatrare (e responsabilizzare) è qualcosa che nella storia dell’umanità si verifica sistematicamente, a volte con effetti devastanti. Se c’è un leader c’è anche un corteo di adoratori sperticati, pronti a servirlo, riverirlo e a sacrificare sé stessi pur di assecondarlo. Se non vogliamo scomodare personaggi storici di cui si parla e si è parlato in ogni epoca, basta pensare all’incessante proliferare di sette e congregazioni varie, in tutte le parti del mondo, dal credo spesso farneticante e malgrado ciò con un folto seguito di adepti di ogni ceto e cultura.

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René Daumal. Il Monte Analogo. E voi, che cosa cercate?

Il tema del viaggio, come discesa agli inferi o come ascensione, sembra essere una costante in letteratura, per rappresentare al meglio quel percorso di crescita interiore che ci trasforma incessantemente, noi esseri che siamo in continuo divenire. Il pensiero simbolico è il più adatto per la comprensione data la sua caratteristica fondamentale di togliere all’oggetto in questione le peculiarità individuali, per farlo diventare un’immagine che contenga ogni possibile variante.

Nella tradizione fiabesca, avevo scritto in sostanza, la Montagna è il legame fra la Terra e il Cielo. La sua cima unica tocca il mondo dell’eternità e la sua base si ramifica in molteplici contrafforti nel mondo dei mortali. È la via per la quale l’uomo può elevarsi alla divinità e la divinità rivelarsi all’uomo.

copertinaIl Monte Analogo (Romanzo d’avventure alpine non euclidee e simbolicamente autentiche), (1968), si dedica al viaggio di ricerca come ascensione e dunque il suo simbolo privilegiato non può che essere la montagna. René Daumal (1908-1944) aveva iniziato il racconto nel 1939 durante un soggiorno a Pelvoux, sulle Alpi, ma non riuscirà a portarlo a termine a causa della sua morte prematura e il quinto capitolo (dei sette previsti) si interrompe su una frase incompiuta. Il titolo dell’ultimo capitolo doveva essere: E voi, che cosa cercate?

In una lettera del 24 febbraio 1940 a Raymond Christoflour, René Daumal diceva:

Sto scrivendo un racconto piuttosto lungo nel quale si vedrà un gruppo di esseri umani che hanno capito di essere in prigione, che hanno capito di dovere, prima di tutto, rinunciare a questa prigione (perché il dramma è l’attaccarvisi), e che partono in cerca di una umanità superiore, libera dalla prigione, presso la quale essi potranno trovare l’aiuto necessario. E lo trovano, perché alcuni compagni ed io abbiamo realmente trovato la porta. Solo a partire da questa porta comincia una vita reale. Questo racconto avrà la forma di un romanzo d’avventure intitolato “Il Monte Analogo”: è la montagna simbolica che unisce il Cielo alla Terra; via che deve materialmente, umanamente esistere, perché se no, la nostra situazione sarebbe senza speranza…

Il narratore avvia il racconto partendo dall’arrivo di una busta. Nel periodo in cui collaborava alla Revue des Fossiles aveva scritto un articolo sul significato simbolico della montagna nelle mitologie antiche, e lì faceva riferimento al Monte Analogo come realmente esistente. La busta che gli viene recapitata contiene la lettera di un eccentrico signore, Pierre Sogol, da tempo convinto dell’esistenza di quel monte e finalmente felice di poter condividere le sue idee, i suoi studi e di potere organizzare addirittura una spedizione per trovarlo.

C’era nella maniera di pensare di quell’uomo, come in tutto ciò che appariva di lui, una singolare mescolanza di vigorosa maturità e di freschezza infantile. Ma soprattutto, come sentivo accanto a me le sue gambe nervose e infaticabili, così sentivo il suo pensiero come una forza sensibile quanto lo è il calore, la luce o il vento. Tale forza era una facoltà eccezionale di vedere le idee come fatti esteriori e di stabilire legami nuovi tra idee apparentemente disparate. Lo udivo—lo vedevo anche, oserei dire—trattare la storia umana come un problema di geometria descrittiva, poi, un istante dopo, parlare delle proprietà dei numeri come se si fosse trattato di specie zoologiche; la fusione e la scissione delle cellule viventi diventavano un caso particolare di ragionamento logico, e il linguaggio traeva le sue leggi dalla meccanica celeste.

In ogni viaggio di ricerca c’è una guida, qui è Pierre Sogol, che già dal nome si offre come condottiero della scalata del Pensiero (sogol = logos) e ricettacolo di simboli in questo cammino metafisico. In otto partono a bordo dello yacht Impossibile, di proprietà di uno dei partecipanti alla spedizione, alla volta dell’ignoto alla ricerca dell’infinito.

Perché una montagna possa assumere il ruolo di Monte Analogo, concludevo, è necessario che la sua cima sia inaccessibile, ma la sua base accessibile agli esseri umani quali la natura li ha fatti. Deve essere unica e deve esistere geograficamente. La porta dell’invisibile deve essere visibile.

Il desiderio di raggiungere l’assoluto passa attraverso la pratica spirituale e porta in primo piano il regno dell’interiorità rispetto al mondo esterno ed alle sue illusioni. Chi sono? La ricerca di sé, il ritrovamento della propria essenza è l’interrogativo principale, è il fulcro del libro e il primo passo verso la verità. Pertanto solo per pochi eletti la porta diventa accessibile.

Ecco dunque quello che ho concluso, eliminando semplicemente tutte le ipotesi insostenibili. In qualche punto della Terra esiste un territorio con una circonferenza di almeno diverse migliaia di chilometri, sul quale si innalza il Monte Analogo. Il basamento di questo territorio è formato da materiali che hanno la proprietà di curvare lo spazio intorno a sé in modo tale che tutta la regione sia rinchiusa in un guscio di spazio curvo.

rené daumalPer trovare un luogo inaccessibile è necessario preparare gli esploratori insegnando loro a scardinare l’ordine del pensiero convenzionale e ad invertire l’assetto degli elementi. Il principale maestro è naturalmente Sogol, ma all’interno del testo vengono inserite sapientemente delle storie leggendarie che si prestano a tale scopo. Ad esempio la Storia degli uomini-cavi e della rosa-amara dove si contrappongono i termini vuoto-pieno e quello del doppio. Gli uomini-cavi sono appunto vuoti, ma vivono all’interno della montagna, dunque nel pieno, sono l’inverso degli uomini e ogni uomo ha il suo doppio in un uomo-cavo, entrambi si ricongiungono al momento della morte: (…) ogni uomo vivente ha nella montagna il suo uomo-cavo, come la spada ha il suo fodero, come il piede ha la sua impronta, e che, alla morte, essi si ricongiungono. Nel quarto capitolo un altro mito narra di una separazione dall’Unico e del desiderio che ogni tanto riaffiora in ogni uomo di ritornare alla propria origine.

Daumal è uno scrittore che si è interessato parecchio alle dottrine esoteriche, alle religioni orientali, ha studiato il sanscrito e si è dilettato a tradurre testi sacri indiani. Nel 1928 fonda insieme ad un gruppo di amici la rivista letteraria Le Grand Jeu della quale usciranno solo tre numeri. L’intento è quello di esplorare l’inconscio con l’ausilio di qualsiasi mezzo, droghe comprese, pur di trovare quella breccia che consenta il passaggio attraverso dimensioni normalmente insondabili. Determinante per lui fu conoscere Alexandre de Salzmann (Pierre Sogol nel libro) che, in quanto discepolo di Gurdjieff, gli permise di avvicinarsi alle tecniche psicofisiche elaborate dal maestro, figura eminente tra i cultori del misticismo e delle scienze occulte dell’epoca. Ma anche gli studi di René Guénon sull’India furono per lui di importanza fondamentale.

Non si può restare sempre sulle vette, bisogna ridiscendere… A che pro allora? Ecco: l’alto conosce il basso, il basso non conosce l’alto. Salendo devi prendere sempre nota delle difficoltà del tuo cammino; finché sali puoi vederle. Nella discesa, non le vedrai più, ma saprai che ci sono, se le avrai osservate bene.

Si sale, si vede. Si ridiscende, non si vede più; ma si è visto. Esiste un’arte di dirigersi nelle regioni basse per mezzo del ricordo di quello che si è visto quando si era più in alto. Quando non è più possibile vedere, almeno è possibile sapere.

E in questo rincorrersi di raffigurazioni speculari non può mancare per completamento simbolico l’immagine della scalata che al rientro diventa discesa. Una volta iniziata l’ascesa del Monte Analogo ad ogni tappa ci si installa in un campo e prima di proseguire in altezza bisogna ridiscendere al campo precedente per preparare chi si appresta a salire. In tal modo Daumal, attraverso l’idea che ogni uomo è responsabile del suo simile, dà voce a una sua convinzione, ovvero che esiste un legame necessario tra il progresso spirituale di ogni essere e l’aiuto che egli offre agli altri. Salita e discesa sono dunque complementari e noi siamo tutti collegati e concatenati, come una lunga cordata di alpinisti che si arrampica sulle pareti scoscese per raggiungere la vetta.

Tieni l’occhio fisso sulla via della cima, ma non dimenticare di guardare ai tuoi piedi. L’ultimo passo dipende dal primo. Non credere d’essere arrivato solo perché scorgi la cima. Sorveglia i tuoi piedi, assicura il tuo prossimo passo, ma che questo non ti distragga dal fine più alto. Il primo passo dipende dall’ultimo.

Daumal usa l’alpinismo non soltanto come disciplina sportiva, ma anche come perfetta metafora di disciplina interiore. In montagna ci si deve assumere la responsabilità dei propri atti perché porre un piede in fallo, essere sventati e imprudenti può mettere a repentaglio non soltanto la propria vita, ma anche quella degli altri. Così nel viaggio iniziatico si è soli, ma al tempo stesso non ci si deve dimenticare di tutto il resto, della nostra origine dall’Unico, né distrarsi mai dalla meta.

Il mio Superiore aveva detto bene: io soffro di un bisogno inguaribile di capire. Non voglio morire senza aver capito perché ho vissuto. E lei, ha mai avuto paura della morte?

Frugai in silenzio nei miei ricordi, ricordi profondi dove le parole non erano ancora entrate. E dissi con difficoltà:

Sì. Circa all’età di sei anni, avevo sentito parlare di mosche che pungono le persone durante il sonno; qualcuno aveva detto per scherzo che “quando ci si sveglia si è morti”.

Come ogni viaggio mistico che si rispetti, inevitabile è l’incontro con la morte. La civiltà occidentale è abituata a temerla e a fuggirla, ma chi inizia il percorso attraverso le profondità dell’animo sa che fa parte della vita, del resto tutti i riti d’iniziazione si basano su una morte rituale che porta alla rinascita e dunque alla vita. Daumal non riesce a terminare il viaggio simbolico descritto nel libro, ma si tratta di un’esperienza che comunque non può essere portata a termine quando si fa riferimento a vette definitive, sarà perché non c’è nulla di veramente conclusivo, o forse perché nel momento in cui si raggiunge la cima l’esperienza terrena non può che finire e non si può più raccontarla con la parola. Il viaggio è sempre un continuum che si estende al di là dei confini che ci sono noti, per il resto ognuno deve trovare la propria porta da attraversare.

E voi, che cosa cercate?

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